Sud, tra infrastrutture e ZES unica: la sfida dello sviluppo passa dai binari

Dal PNRR al piano Trenitalia per 1.061 nuovi convogli: il Mezzogiorno cresce più del Nord, ma i nodi restano i trasporti e la capacità di spendere bene le risorse
rfi - ferrovie italiane - FS

Lo sviluppo del Mezzogiorno continua a essere al centro del dibattito politico ed economico italiano. Al di là delle grandi opere simbolo, come il Ponte sullo Stretto di Messina, il vero banco di prova resta la capacità di rafforzare le infrastrutture regionali, soprattutto ferroviarie e di trasporto pubblico locale.

Le risorse ci sono, ma la questione è come vengono spese. Negli ultimi decenni, l’Italia ha destinato al Sud ingenti finanziamenti – oltre 86 miliardi di euro – senza che ciò bastasse a colmare il divario con il Nord. Già negli anni ’50 una legge fissava al 40% la quota di investimenti da destinare al Mezzogiorno, ma in realtà è arrivato solo un modesto 5%, spesso canalizzato attraverso interventi straordinari e politiche di coesione. Il risultato? Un dualismo economico che non si è mai davvero sanato, anzi in alcuni casi si è aggravato.

Oggi però si apre una nuova finestra di opportunità. La Zona Economica Speciale unica (ZES), che comprende tutte le regioni meridionali, offre un pacchetto di agevolazioni fiscali e semplificazioni burocratiche per le imprese che decidono di investire in beni strumentali, impianti, attrezzature e immobili. Uno strumento che potrebbe imprimere una spinta concreta allo sviluppo produttivo del Sud, se accompagnato da un miglioramento delle reti di collegamento.

I dati più recenti lo confermano: secondo Istat e Svimez, negli ultimi due anni il Mezzogiorno ha registrato una crescita superiore al Nord, diventando per la prima volta “locomotiva d’Italia”. Un segnale positivo, ma fragile: dal 2026 le stime indicano un rallentamento, con il Sud previsto a +0,7% contro l’1% del resto del Paese.

Un ruolo cruciale lo gioca il PNRR, che destina al Sud investimenti pari all’1,8% del Pil regionale, leggermente superiori a quelli del Centro-Nord (1,6%). La vera sfida, però, resta la capacità di realizzare i progetti già avviati, evitando ritardi e sprechi.

In questo contesto si inserisce anche il piano di Trenitalia, che ha stanziato 7 miliardi di euro per l’acquisto di 1.061 treni regionali di nuova generazione entro il 2027. Una misura che potrebbe rivoluzionare il trasporto ferroviario locale, accorciando le distanze tra città e territori meridionali e ridando centralità alla mobilità sostenibile.

Il Sud, insomma, non è più soltanto “vagone di coda”. Le condizioni per una svolta ci sono, ma serviranno coerenza politica, capacità amministrativa e una gestione oculata delle risorse. Perché senza treni efficienti, strade sicure e collegamenti rapidi, nessuna agevolazione fiscale potrà davvero bastare a trasformare il potenziale del Mezzogiorno in sviluppo concreto.

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