Ponte sullo Stretto, mezzo secolo di sprechi: «Bruciati 650 milioni senza un mattone»

I movimenti contrari all’opera denunciano: «Altro che futuro per Sicilia e Calabria, il ponte è un pozzo senza fondo di denaro pubblico»
Ponte sullo Stretto

Mentre il Governo spinge sul progetto del Ponte sullo Stretto come infrastruttura strategica per il Paese, i movimenti contrari parlano senza mezzi termini di «una gigantesca bolla speculativa».

Secondo i comitati, negli oltre cinquant’anni di discussioni, rinvii e progetti mai decollati, sarebbero stati «bruciati 650 milioni di euro di denaro pubblico», spesi non per la costruzione del ponte ma per mantenere in vita la società Stretto di Messina e per pagare stipendi e consulenze. «Altro che futuro per Sicilia e Calabria – denunciano – qui si tratta solo di alimentare un carrozzone inutile».

Gli oppositori ricordano come già dagli anni Settanta il progetto sia stato utilizzato come bandiera elettorale, senza mai trasformarsi in un cantiere reale. «Non una pietra è stata posata – sottolineano – ma intanto generazioni di tecnici, manager e consulenti hanno percepito stipendi e parcelle milionarie».

Il timore dei movimenti è che la storia si ripeta anche oggi: «Si parla di rilancio, di cantieri immediati e di grandi opportunità economiche, ma il rischio è che ancora una volta ci si ritrovi con un’enorme dispersione di fondi pubblici, mentre Sicilia e Calabria restano isolate, senza ferrovie moderne, senza strade sicure e senza collegamenti degni di un Paese europeo».

Un’accusa che pesa come un macigno sul progetto, soprattutto in un momento in cui le due regioni chiedono interventi urgenti per il miglioramento della viabilità locale e del sistema dei trasporti. «Se davvero si vuole dare un futuro al Sud – concludono i comitati – bisogna investire nelle opere necessarie e non inseguire il mito di un ponte che, finora, è servito solo a bruciare risorse».

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