Un colpo inatteso e pesante arriva da una delle tabelle allegate alla legge di bilancio: è qui che si nasconde il taglio di 50 milioni di euro previsti per il 2027 destinati all’ammodernamento della Strada Statale 106 Jonica. Una misura che, pur riguardando una sola annualità, basta a scatenare proteste politiche e tensioni nelle fila stesse del governo.
La SS 106, arteria fondamentale che collega l’intero versante jonico calabrese e siciliano, è da tempo al centro di promesse, annunci e rinvii. Nel testo originale della legge di stabilità era previsto un investimento pluriennale, con tranche variabili di stanziamenti. Tuttavia, l’emendamento che introduce il taglio – ormai confermato – rimescola le carte nella pianificazione degli interventi infrastrutturali.
Le reazioni nelle istituzioni calabresi sono immediate: si parla di “colpo mortale” al Sud, di “tradimento” verso territori già da troppo tempo penalizzati. Il rischio concreto è che il progetto di trasformazione della 106, da semplice statale ad asse viario a scorrimento veloce, resti bloccato proprio quando i cantieri avrebbero potuto accelerare.
Dietro al numero: la storia (non felice) della 106
La strada statale 106 Jonica si estende per circa 491 chilometri, da Reggio Calabria fino a Taranto, attraversando tre regioni e servendo come direttrice nazionale e parte della rete europea E90. Da decenni, infrastrutture obsolete, tratti pericolosi e carenze progettuali ne fanno il simbolo delle “opere incompiute del Sud”.
Negli ultimi anni il governo aveva autorizzato una spesa complessiva di 3 miliardi di euro per lo sviluppo dell’asse viario Sibari-Catanzaro, con stanziamenti progressivi: 50 milioni per il 2023–24, 100 milioni per il 2025–26, 150 per il 2027, salendo fino a 200 milioni annui tra il 2028 e il 2031. Quel pattern programmato, però, ora vacilla.
In maggio 2025 il CIPESS ha assegnato 1,12 miliardi alle risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) 2021-2027 per finanziare i lotti funzionali del nuovo asse della SS 106 Jonica, definendo le annualità di trasferimento in accordo al cronoprogramma. Ciò genera un contrasto evidente: da un lato l’impegno formale a finanziare in modo progressivo la 106, dall’altro il taglio deciso per il 2027 che rischia di compromettere l’equilibrio stesso del piano pluriennale.
Le reazioni (e le sfide)
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, è sul piede di guerra: promette che chiederà conti all’interno del governo per i tagli che gravano sul suo dicastero. In ambienti parlamentari si parla già di rimodulazione in sede di discussione, di revisione dell’emendamento o di ripristino forzoso dei 50 milioni.
Anche le associazioni di imprese del settore denunciano il pericolo concreto: tagli alle manutenzioni, rallentamento dei cantieri, difficoltà nei bandi. In una lettera aperta rivolta al ministro, la Siteb ha segnalato che “dai tagli ai fondi per le manutenzioni stradali si traducono maggiore insicurezza e perdita di competitività per le imprese.”
Dal versante regionale e locale, il coro è unanime: la Calabria non può più aspettare, servono risposte concrete, non promesse. Alcuni parlamentari calabresi del centrodestra stanno già incalzando in Aula per forzare emendamenti correttivi.
Sul piano tecnico, resta da vedere come riprogrammarli i fondi, se recuperare da tagli su altre linee (ma con quali costi politici), o se lasciare la 106 in sospeso fino alla prossima manovra. Sul versante mediatico, la vicenda rischia di essere esplosa come simbolo del gap infrastrutturale meridionale — utile non solo ai deputati calabresi, ma anche ai partiti dell’opposizione per incalzare il governo per il Sud.

















