La partita sul Ponte sullo Stretto di Messina entra nella fase decisiva.
Dopo il controverso decreto cosiddetto “spezzatino”, approvato nel luglio 2024, il progetto si avvia verso un’estate che potrebbe segnare l’apertura dei primi cantieri. Tuttavia, i nodi irrisolti sul piano ambientale, giuridico e finanziario restano numerosi. Il prossimo passaggio cruciale è l’esame del progetto definitivo da parte del CIPESS, il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile, che dovrà autorizzare ufficialmente l’avvio delle opere.
Il decreto “spezzatino” prende il nome dalla strategia normativa che consente di iniziare i lavori anche in assenza di un progetto esecutivo completo. In pratica, si autorizzano singole fasi preliminari dell’intervento, come gli espropri e le opere accessorie, prima ancora di definire integralmente il piano complessivo. In sostanza, è come iniziare a scavare le fondamenta di un edificio senza averne ancora progettato la struttura completa: un espediente pensato per lanciare i cantieri in fretta, ma che solleva interrogativi sull’efficacia del controllo tecnico e finanziario.
Un metodo che ha sollevato non poche perplessità: da un lato viene esaltato come misura per accelerare l’iter burocratico, dall’altro è criticato per la sua fragilità giuridica e tecnica, in quanto rischia di compromettere il controllo sulla sicurezza strutturale e sulla sostenibilità ambientale del progetto finale.
Sul fronte ambientale, l’iter è tutt’altro che lineare. Il progetto ha ottenuto il via libera alla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) con 62 prescrizioni, ma ha ricevuto un parere negativo dalla Valutazione di Incidenza Ambientale (VIncA) di livello II per quanto riguarda l’impatto sui siti della Rete Natura 2000, in particolare le aree dei Monti Peloritani, della Costa Viola e i fondali dello Stretto di Messina. Per ovviare a questo ostacolo, le autorità italiane intendono attivare una procedura di deroga prevista dalla Direttiva Habitat, ma ciò comporta l’intervento della Commissione Europea e l’obbligo di dimostrare che il progetto soddisfi motivi imperativi di rilevante interesse pubblico. Senza questa deroga, il ponte non potrà essere realizzato in quelle aree protette.
Pietro Ciucci, amministratore delegato della Società Stretto di Messina, ha annunciato l’apertura di un infopoint e il coinvolgimento di imprese italiane nel progetto, oltre a rassicurazioni sulle compensazioni per gli espropri e sulla comunicazione con i territori coinvolti. Tuttavia, le opposizioni non mancano. Comitati civici, associazioni ambientaliste e alcuni enti locali – tra cui i Comuni di Villa San Giovanni e Reggio Calabria – hanno presentato ricorsi al TAR, contestando l’iter adottato, l’assenza di una reale valutazione alternativa e i potenziali danni al paesaggio e alla biodiversità dello Stretto.
Il ruolo del CIPESS in questo contesto è centrale. Spetterà al Comitato valutare la coerenza tecnica ed economica dell’intervento, approvare il piano finanziario e dichiarare la pubblica utilità dell’opera. Solo con questo passaggio si potranno sbloccare ufficialmente le gare d’appalto e aprire i cantieri. Al momento, l’importo stimato dell’intero intervento si aggira attorno ai 13,5 miliardi di euro, ma restano dubbi sulla copertura definitiva e sulla reale disponibilità delle risorse, anche alla luce dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità europeo.
Sul piano politico, il progetto rappresenta una bandiera per il governo, che ne ha fatto uno dei simboli della propria politica infrastrutturale e di rilancio del Mezzogiorno. Tuttavia, l’accelerazione impressa tramite il decreto “spezzatino” rischia di innescare una reazione a catena sul piano giuridico e internazionale, specialmente se la Commissione Europea dovesse intervenire con riserve o richieste integrative.
La complessità dell’opera non è solo ingegneristica, ma profondamente politica, ambientale e sociale. Il Ponte sullo Stretto continua così a essere uno dei temi più divisivi del dibattito pubblico italiano: un’infrastruttura considerata da alcuni come essenziale per il rilancio del Sud e da altri come un colossale spreco di risorse, dannoso per l’ambiente e per le comunità locali. La decisione del CIPESS, attesa per l’estate 2025, sarà il primo vero banco di prova di questo progetto riemerso dopo anni di oblio. Se l’esito sarà favorevole e la Commissione UE non solleverà ostacoli, i lavori potrebbero partire entro fine estate. In caso contrario, l’opera rischia un nuovo rallentamento, o forse, l’ennesima battuta d’arresto.