Ponte sullo Stretto, dopo lo stop della Corte dei Conti Palazzo Chigi prende il controllo del dossier: tensioni con il Mit

La Presidenza del Consiglio assumerà la supervisione diretta del progetto dopo il blocco imposto dalla Corte dei Conti al visto di legittimità della delibera CIPESS. Salvini irritato con i burocrati del Mit: “Costretto più volte a riparare errori”
ponte sullo stretto di messina

Il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina torna al centro della scena politica dopo lo stop imposto dalla Corte dei Conti, che ha negato il visto di legittimità alla delibera CIPESS del 6 agosto scorso. Un colpo pesante per il governo, che vede rallentare ancora una volta uno dei suoi cantieri simbolo.

La decisione della Corte non riguarda il merito dell’opera, ma la legittimità amministrativa e finanziaria del provvedimento. I magistrati contabili avrebbero sollevato dubbi su diversi aspetti: l’aumento dei costi rispetto alle stime originarie, le proiezioni di traffico ritenute poco credibili, e le deroghe ambientali previste nella fase autorizzativa. In assenza del visto, la delibera non può essere pubblicata in Gazzetta Ufficiale, e dunque non può entrare in vigore.

Per evitare ulteriori ritardi, Palazzo Chigi ha deciso di prendere in mano direttamente il dossier, sottraendo di fatto al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti la gestione esclusiva dell’iter. Secondo quanto trapela da ambienti governativi, la Presidenza del Consiglio seguirà passo dopo passo ogni sviluppo, “facendo da tutore” agli uffici tecnici del Mit.

Una mossa che riflette non solo la delicatezza del progetto, ma anche le crescenti tensioni interne al governo. Fonti parlamentari riportano infatti l’irritazione del ministro Matteo Salvini, che avrebbe espresso frustrazione per gli errori burocratici emersi durante la preparazione degli atti. “Sono stato costretto più volte a riparare errori”, avrebbe confidato ai suoi collaboratori, puntando il dito contro la lentezza e le disattenzioni degli uffici ministeriali.

La bocciatura della Corte dei Conti arriva in un momento politicamente sensibile: il Ponte sullo Stretto è una delle opere bandiera del governo Meloni e rappresenta, per la Lega e per Salvini in particolare, un simbolo di efficienza e sviluppo per il Mezzogiorno. Il diniego, tuttavia, rischia di trasformarsi in un nuovo caso istituzionale.

Le opzioni sul tavolo sono due: integrare la documentazione richiesta dalla Corte e ottenere il visto in una fase successiva, oppure intervenire per via legislativa con una norma che semplifichi o superi i passaggi procedurali contestati. In entrambi i casi, i tempi dell’opera — già complessi — rischiano di allungarsi ulteriormente.

Nonostante tutto, il governo conferma la propria linea: “Il Ponte si farà”, assicurano da Palazzo Chigi. L’obiettivo politico resta quello di avviare i lavori nel più breve tempo possibile, anche a costo di un accentramento delle competenze e di un maggiore controllo politico sul progetto.

Dietro la decisione di spostare il dossier al vertice dell’esecutivo si legge una volontà precisa: evitare nuovi “incidenti” procedurali e blindare l’opera sul piano politico e amministrativo. Ma la vicenda mette ancora una volta in luce il complesso intreccio tra ambizioni politiche, vincoli tecnici e controlli di legalità che accompagna da decenni la storia del Ponte sullo Stretto di Messina.

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