Nuovo rinvio per una delle fasi più delicate dell’inchiesta sull’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, assassinato il 9 agosto 1991 nella frazione di Piale, a Villa San Giovanni. Gli accertamenti tecnici non ripetibili di tipo biologico, sono stati posticipati al 4 giugno 2025 a causa di un difetto di notifica.
L’avviso formale, sottoscritto dal procuratore Giuseppe Lombardo e dal pm della Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) Sara Parezzan, era stato notificato nei giorni scorsi ai 20 indagati ancora in vita e ai familiari del giudice Scopelliti, riconosciuti come parti offese nel procedimento. Tuttavia, non tutte le notifiche sono andate a buon fine, rendendo necessario l’intervento della Squadra Mobile di Reggio Calabria e della segreteria dell’Ufficio del Pubblico Ministero per la comunicazione della nuova data dell’incarico peritale.
Biologia forense in primo piano
Secondo fonti giudiziarie, l’esame biologico sarà condotto presso i laboratori del Gabinetto regionale di Polizia Scientifica. L’incarico verrà formalmente conferito da parte della Procura a un perito specializzato, con la possibilità per gli indagati di nominare consulenti tecnici di parte.
Sebbene la Procura non abbia ancora chiarito quale tipo di traccia biologicasia oggetto dell’indagine — si ipotizza impronte digitali, sangue o altro materiale genetico — si sa che l’analisi servirà a confrontare le nuove evidenze con i dati emersi da precedenti accertamenti.
Le prove: auto e fucile sotto esame
La BMW condotta dal giudice Scopelliti nel giorno dell’agguato è stata al centro di un esperimento giudizialeavvenuto l’8 e 9 aprile 2025, con una ricostruzione della scena del crimine effettuata proprio a Piale, nel luogo dell’attentato. L’auto, conservata per decenni dalla famiglia e oggi formalmente sotto sequestro, potrebbe contenere nuove tracce mai rilevate prima.
In parallelo, la Procura valuta possibili riscontri anche sul fucile ritrovato nel 2019 a Belpasso (CT) grazie alle rivelazioni del pentito Maurizio Avola, ex killer al servizio della mafia catanese.
Chi sono gli indagati
L’indagine, riaperta dopo anni di stallo, coinvolge 20 soggetti tra i massimi esponenti della ’Ndrangheta e della Cosa Nostra catanese, con l’accusa di omicidio aggravato in concorso. In origine gli indagati erano 24, ma nel frattempo tre di loro sono deceduti: il boss trapanese Matteo Messina Denaro, il capocosca di Archi Giovanni Tegano, e Francesco Romeo, cognato di Benedetto Santapaola, anch’egli tra gli indagati, ma non processabile perché già assolto per il medesimo reato in un processo precedente.
In attesa degli esiti
Solo dopo il conferimento dell’incarico peritale il 4 giugno sarà possibile stabilire quando inizieranno concretamente le operazioni tecniche. Si tratta di una fase cruciale, perché gli accertamenti irripetibili potrebbero confermare o smentire la presenza di DNA o altri elementi biologici appartenenti a uno o più degli indagati sulla scena del crimine o sull’arma del delitto.
La verità sull’assassinio del giudice Scopelliti, magistrato in procinto di sostenere l’accusa nel maxi-processo di Palermo, potrebbe essere finalmente più vicina, grazie alle nuove tecnologie di analisi genetica e alla collaborazione di ex affiliati alla criminalità organizzata.