A 34 anni dall’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, dalle nuove indagini, emergono clamorosi sviluppi che riscrivono in parte la storia di uno dei delitti più gravi nella guerra tra Stato e mafia. Secondo l’ultima inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, Matteo Messina Denaro – all’epoca capo mandamento di Castelvetrano e figura centrale di Cosa Nostra – avrebbe partecipato in prima persona all’operazione, facendo parte di un corteo di auto che scortava i killer nel giorno dell’agguato.
Il nuovo decreto di perquisizione, firmato dal procuratore Giuseppe Lombardoe dal sostituto procuratore Sara Parezzan, inserisce 24 nomi nel registro degli indagati, tra cui alcuni boss storici di Cosa Nostra e della ‘Ndrangheta, compresi elementi già deceduti.
La ricostruzione dell’agguato a Piale
Il 9 agosto 1991, mentre percorreva la strada provinciale a Piale di Villa San Giovanni, dopo aver trascorso la giornata al lido “Il Gabbiano” di Santa Trada, il giudice Antonino Scopelliti fu raggiunto da numerosi colpi di fucile calibro 12 caricato a pallettoni, esplosi da un’arma identificata come una Zabala Hermanos. Alla guida della moto da cui partirono i colpi c’erano Vincenzo Salvatore Santapaola, figlio del boss Nitto Santapaola, e Maurizio Avola, oggi collaboratore di giustizia.
A seguire l’azione armata, un vero e proprio convoglio di auto mafiose: su un’Alfa Romeo 164 viaggiavano Matteo Messina Denaro ed Eugenio Galea, su una Mercedes c’erano Aldo Ercolano e, durante la fuga, anche Santapaola junior. A bordo di una Fiat Uno, Marcello D’Agata. La loro presenza aveva il compito di coordinare l’agguato, assicurare la riuscita del delitto e coprire la fuga dei sicari.
Il ruolo chiave di Messina Denaro
Secondo la DDA, Messina Denaro non solo presenziò sul luogo dell’omicidio, ma guidò l’intera operazione, trasmettendo l’ordine di esecuzione a Galea, e mantenendo i contatti con un informatore locale – rimasto ignoto – che aggiornava il gruppo sugli spostamenti del giudice Scopelliti.
Dai documenti emerge anche un legame con il politico Salvo Lima, che avrebbe fornito informazioni sulle abitudini del magistrato. Tutto questo con l’appoggio strategico della Commissione di Cosa Nostra, che nella primavera del 1991 si era riunita a Trapani per deliberare l’eliminazione del magistrato che, in Cassazione, avrebbe rappresentato l’accusa nel maxiprocesso contro la mafia.
L’accordo tra Cosa Nostra e ‘Ndrangheta
L’omicidio di Antonino Scopelliti – figura simbolo della lotta alla mafia – sarebbe stato il frutto di una sinergia tra Cosa Nostra e le cosche calabresi della ‘Ndrangheta. Tra i nuovi indagati spiccano nomi del calibro di Pasquale Condello, Giuseppe De Stefano, Luigi Mancuso, Giuseppe Morabito, Giuseppe Zito e il boss “milanese” Franco Coco Trovato.
Un coinvolgimento che dimostra, secondo la DDA, l’esistenza di un asse criminale tra Sicilia e Calabria, con lo scopo di eliminare un magistrato considerato troppo pericoloso per gli equilibri mafiosi.
Nitto Santapaola e l’avallo al delitto
Anche se Nitto Santapaola non può più essere processato per questo delitto (per via di una precedente assoluzione), secondo le nuove indagini avrebbe dato il proprio consenso all’omicidio, nonostante fosse inizialmente contrario alla strategia stragista. Il boss catanese avrebbe messo a disposizione uomini e risorse per portare a termine il piano, rafforzando i legami operativi con la ‘Ndrangheta.